lunedì 7 giugno 2010

UNA SERA AL CIRCO


Il biglietto, in mano, profumava ancora di inchiostro.

Un odore che le ricordava il grande seminterrato dove il padre della sua amica Rosella gestiva una tipografia. Grandi macchinari di ogni forma e dimensione, ognuno per un preciso lavoro. Ciascuno per una propria fase della preparazione di etichette, brochure, biglietti da visita, manifesti, bugiardini. Ogni cosa si stampava in quella tipografia! Sembrava che tutto il mondo delle etichette e delle cose stampate e stampabili fosse stato lì. L’etichetta a forma di fagiolo dell’ammorbidente le rimaneva impressa più di ogni altra. Rosa, con le scritte blu e nere. E poi le infinite varietà di caratteri tipografici, diverse per forma e per altezza del corpo. Che bello. Sembrava di essere in un film! Tanti rumori ovattati dalla carta che era disposta praticamente ovunque. In rotoli, in fasce, in pile. Carta, cartone, cartoncino, carta adesiva. Bianca, colorata, lucida, patinata….

E poi la magia della mensa aziendale. Rosella spesso mangiava alla mensa. Chissà come era fatta una mensa? Non ne aveva mai vista una. La immaginava grande, ma un po’ fredda e formale. Come quelle dei film, dove le persone in fila attendono il proprio turno per veder riempito il piatto con le specialità del giorno. E mentre aspettano, scambiano due parole, o si chiudono in un silenzio dentro il quale c’è tutto il loro mondo. Rosella le parlava della cuoca, che spesso la prendeva in braccio cercando di farle mangiare anche la verdura…”che fa tanto bene…”, e che lei, come tutte le bambine di dieci anni odiava profondamente.

Questo ricordo le affiorò fulmineo, non appena il bigliettaio, staccatolo dalla mazzetta, le porse il suo biglietto. Tribuna. Senza numero. Del resto era un piccolo circo.

Proprio come quello che ogni anno arrivava, in inverno, nel campo dietro la scuola. C’erano tre carrozzoni grandi che ospitavano le abitazioni, e due lunghi camion con rimorchio con le gabbie dei leoni e delle tigri. Allora gli animali erano ancora consentiti, benché fossero veramente lontani dal concetto di “ferocia” che si dovrebbe addire a tali esemplari di felini.

E tutti gli anni, cresciuti di un anno, i figli degli artisti del circo entravano a far parte delle classi della sua scuola, come bambini “normali”. Ma di normale non avevano niente, almeno ai suoi occhi. Ai suoi occhi di bambina erano affascinanti come attori, come personaggi di fiaba o di mito, usciti da un sipario rosso fuoco, come quello del circo. Facevano anche qualche piccolo numero, a fianco della mamma o dello zio. Che fascino tutto questo mondo! Quante volte aveva sognato di farne parte! Di essere sotto i riflettori di quelle fredde sere di inverno, in cui l’unica fonte di calore era il fiato delle bestie. Ad ogni respiro emettevano bianco fumo di condensa. Un penetrante odore di letame, e tanta tanta aria di libertà, di avventura, di vita fuori degli schemi. Affascinante e intrigante emozione per una bimba delle elementari.

Quando il circo se ne andava e i camion lasciavano il campo, rimaneva l’erba schiacciata e consumata, i segni delle ruote dei carri, il cerchio della pista e i buchi dei pali. E dietro di sé lasciava una grande tristezza. Un senso di vuoto, per quella fervida immaginazione che tanto aveva desiderato di farne parte, almeno per un giorno. All’avventura, girando per città e paesi lontani, dai nomi sconosciuti e a volte improbabili.

Il circo, in ogni bambino, evoca mondi incantevoli e straordinari, fuori della consuetudine del quotidiano, ma soprattutto magiche avventure originali e bizzarre.

E adesso, il tendone a strisce colorate e illuminato dal basso, la passatoia blu da percorrere con l’aspettativa della meraviglia e della sorpresa, l’odore dell’erba del campo, il profumo dei popcorn appena fatti, erano lì.

Era lì, come qualche anno fa.

Tutto a sua disposizione per farle rivivere la magia del circo.

Eppure, nonostante l’atteggiamento leggermente snob, dentro di sé si muoveva qualcosa.

Non si può, oggettivamente, rimanere distanti e indifferenti, di fronte al circo. Anche se alla sua età ormai il circo non rappresenta più le stesse cose che poteva rappresentare per una bimba delle elementari. Oggi la bambina delle elementari non esiste più. Le elementari non si chiamano più così. Che tristezza! La bambina delle elementari diventerebbe la bambina delle scuole primarie di primo grado. Nome lunghissimo, che perde per la strada il suo significato! Benché siano trascorsi relativamente pochi anni, tante sono le cose che hanno cambiato nome. Anche la geografia non è più la stessa.

Le cose cambiano nome per adeguarsi al tempo che passa, e noi ci adattiamo ai nuovi nomi e alla realtà che muta sotto i nostri occhi. E’ il gioco del progresso.

Anche se poi l’odore delle bestie rimane lo stesso, se l’erba rimane erba e il circo….beh…il circo….più o meno è sempre “Il Circo”!!!!
(29.08.07)

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