giovedì 15 luglio 2010

Piano, Solo


Ieri sera cinema, con Claudia.
Metropolis, ore 21: 30. Eravamo in 8 persone.
Entriamo, di corsa…il film sta iniziando. Note di musica africana. Mare verde come gli occhi di un gatto.
Vele colorate di imbarcazioni locali, di legno intrecciate in qualche modo improbabile.
Un bellissimo bambino.
Luca.
Ma che ne so????
Inizia sottovoce, piano piano.
Ti prende per mano e ti accompagna dentro di sé.
Un crescendo di emozione per me che, si sa, sono un’inguaribile emozionabile e sciocca ragazza di quarant’anni…
Il tema della perdita della madre, la musica, la malattia mentale.
Cazzo! Quante analogie. Quanto dolore che ho sentito su di me, nel momento in cui guardavo il film.
Non so perché. Non c’è una spiegazione. So solamente che le lacrime uscivano dal profondo del mio cuore, come in questo istante in cui lo scrivo, come prima quando ne parlavo con un amico….
Un fenomeno incontrollabile. Ma semplicemente provavo il dolore della sua ex fidanzata, unito a quello della sorella, del padre, dei compagni del gruppo musicale.
Mi tornavano alla mente le mie brevissime ma indelebili esperienze alla Tinaia di S. Salvi a Firenze, con i malati di mente. Le parole della canzone di Simone Cristicchi.
Le urla dei matti, sugli autobus, che infastidiscono i nostri vuoti silenzi e le nostre vite intessute di normalità. Le urla che sono l’eco delle nostre stesse coscienze, troppo indaffarate a guardarsi allo specchio per potersi guardare dentro o per potersi accorgere dell’altro. Dell’altro che magari ci sta seduto accanto, per un istante o per tutta la vita. Quelle urla di disperato bisogno di comunicare quello che hanno dentro.
Un turbinio di emozioni, in quella serata al cinema, Claudia ed io.
Claudia ed io e solo altre sei persone.

Al Metropolis di Marciana Marina.
A vedere “ Piano, Solo”.

http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=46843

Rimasto profondamente turbato dalla morte accidentale della madre, il piccolo Luca Flores trova una scappatoia dalla realtà suonando il pianoforte. Dopo il diploma al conservatorio viene introdotto al jazz di Bud Powell e nel giro di qualche anno si fa notare dai maggiori musicisti italiani e da Chet Baker, che lo chiama ad accompagnarlo nel tour europeo.
Piano, solo racconta la storia di un artista tormentato, la sua vita privata, l'ascesa al successo fino al drammatico suicidio.
La storia è piena di "musicisti dall'inferno", artisti così sensibili da perdere qualsiasi contatto con la realtà - agevolati o condannati da una latente patologia psichica - al punto da venire risucchiati dalla musica stessa. Luca Flores è uno dei talenti nascosti del jazz italiano, un pianista vissuto tra il 1956 e il 1995 che durante la sua carriera ha suonato con veri e propri mostri sacri della musica colta, da Massimo Urbani a Chet Baker, ma che sognava di esibirsi in una casetta-giocattolo lontano dagli sguardi del pubblico. A sottrarlo all'oblio, prima ancora di Riccardo Milani, fu Walter Veltroni che nel suo libro "Il disco del mondo" ne narrava la breve vita ricca di trionfi ma di altrettanti dolori. Se il titolo del libro faceva riferimento a un disco amato dal musicista - "Il clavicembalo ben temperato" di Bach - quello del film trova nel preludio di Sergei Rachmaninoff una doppia chiave di lettura, musicale e umana................................

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